Alice e Andrea arrivarono nella radura
per caso, dopo una lunga escursione in montagna. Un ampio spazio
erboso illuminato dal sole era circondato dal fitto bosco, interrotto
solamente per un piccolo spicchio di cielo dove la terra cadeva a
precipizio. Una casa solitaria sorgeva al centro.
“Una casa...qui?” esclamò Alice.
“Bhè, si...è da molte ore che
camminiamo, è una casa parecchio isolata. Ma, hai idea di come
tornare indietro?”
“Andrea, so esattamente come tornare
indietro, conosco questi boschi, ho solo fatto una piccola deviazione
per variare sul tema. Non ero mai stata qui e non avevo mai
incontrato questa casa. Diamo un'occhiata?”
“Magari è abitata!”
Alice si era già diretta verso la
casa. Andrea non poté fare altro che seguirla.
Fissò per l'ultima volta la casa
alla luce dell'alba, come per lasciare lì tutti gli orribili ricordi
di cui la sua mente si era caricata nelle ultime ore. Doveva
dimenticare, assolutamente. Aveva bruciato tutto nel caminetto,
avrebbe voluto dare fuoco alla casa, ma forse un incendio così
grosso avrebbe attirato l'attenzione...se qualcuno si fosse
avvicinato, forse avrebbe scoperto...
Aveva prima fatto a pezzi il corpo
di lei a colpi d'ascia , per poi gettarlo pezzo dopo pezzo nel dirupo
in pasto agli animali selvatici, come poi fece con le automobili.
Seppellì gli altri tre cadaveri in un punto imprecisato della
foresta. Doveva dimenticare.
Avrebbe cambiato identità, avrebbe
cambiato vita. Montò sul suo fuoristrada e se ne andò.
Doveva dimenticare.
La casa era composta da due piani, nel
tipico stile di montagna col tetto spiovente, ma con un tocco di
modernità. Non doveva avere molti anni, forse dieci, vent'anni, ma
il totale stato di abbandono faceva capire che non era più abitata
da molto tempo. L'erba e alcune piante erano cresciute un po'
ovunque, le pareti avevano subito l'usura degli elementi e qualche
tegola era caduta...ma erano assenti i tipici atti vandalici che
caratterizzano i luoghi abbandonati, come scritte sui muri, bottiglie
vuote, vetri rotti etc. Alice e Andrea erano i primi a tornare in
quella casa dopo essere stata abbandonata dai proprietari.
“Entriamo? Sembra sia abbandonata.”
Disse Alice.
“Non so, magari sono solo molti mesi
che nessuno è più tornato.”
“Dai! Ma non vedi com'è ridotta? Poi
mica rubiamo niente. Non ero mai stata qui!”
“Ok, dai, ma facciamo attenzione.”
Si avvicinarono all'entrata. Quella che
era una lampada da esterno a sfera con un braccio ritorto satinato
che simulava l'aspetto di un lampioncino, era a terra in frantumi.
“Aiutoooooo!!!! Aiutoooooooo!!!”
Le grida erano lancinanti.
“Che cazzo urli troia maledetta!
Nessuno ti sente! Nessuno!” Le sue parole erano quasi
incomprensibili, distorte dalla bava schiumosa.
“Perché?! Perché fai così? Io
ti amavo, pezzo di merda!”
Lui non disse niente. Con il
coltello in mano corse verso di lei, che riuscì ad aprire la porta,
quasi a scappare, ma la afferrò per un braccio. In un tentativo
disperato si aggrappò alla lampada da esterno a sfera, ma lui tirò
così forte che la lampada si staccò dal muro cadendo rovinosamente
a terra. Fu trascinata dentro. La porta si chiuse.
Aprirono la porta.
Il salotto illuminato dalla luce che
entrava dall'esterno era piuttosto banale; tipico arredamento moderno
in stile povero. I mobili erano incredibilmente nuovi quanto rovinati
dal tempo, montati e mai utilizzati. Provarono ad accendere la luce,
ma non funzionò. Alice aprì qualche sportello e cassetto.
“Ma che fai?” esclamò Andrea.
“E' tutto in ordine. Tovaglie, tazze,
quaderni...tutto intonso.”
“Strano...guarda il camino...”
Il camino era l'unico elemento con
segni di utilizzo. Le pareti interne erano nere come parte della
muratura intorno, come se qualcuno avesse bruciato troppa legna da
far uscire le fiamme.
“Alice? Dove sei?”
“Sono qui in cucina!”
Anche la cucina non lasciava sorprese
con il suo stile finto rurale...solo un elemento era evidentemente
assente: dal ceppo dei coltelli, ne mancava uno.
La trascinò in cucina per i capelli
e la scaraventò a terra, poi la prese a calci, prima su gambe a
braccia, poi su addome e costole, poi sulla testa, che da subito
sanguinò dal cuoio capelluto. Sputò un paio di denti insieme a
grumi di sangue e muco, e cominciò a singhiozzare non riuscendo ad
urlare. In quel momento realizzò che non sarebbe uscita viva da
quella casa e non oppose più resistenza.
La rigirò pancia all'aria ammirando
inebriato la faccia tumefatta. Con il coltello lacerò gli abiti
ferendola superficialmente, poi le strappò le mutande. Infilò la
lama nella vagina lacerandone l'interno. Un urlo di dolore e terrore
uscì gorgogliando, ma non si mosse perché sapeva che stava per
morire.
La fece alzare in piedi, il sangue
colò copioso dalle gambe tremanti. Con tre colpi ben assestati le
fracassò il naso sullo spigolo del lavandino, poi la costrinse a
chinare la testa nel lavello e cominciò a segare il collo. Dopo una
prima semplice incisione il coltello a lama liscia e non proprio
affilata non riuscì a tagliare le vertebre, così dovette desistere
alla decapitazione e la gettò a terra.
Sangue, saliva, muco e liquidi
linfatici la facevano respirare a fatica, ma la sua mente era ancora
orrendamente lucida. Ecco, mancava poco. Stava per morire.
Si inginocchiò, afferrò una ciocca
di capelli intrisi di sangue e sollevò la testa. Lentamente e con
gusto infilò la lama sotto il mento, mentre fissava i suoi occhi. In
pochi interminabili secondi la lama arrivò al cervello. Era morta.
“Alice, sta per calare il sole, tra
poco dobbiamo andare.”
“Ok, andiamo a dare un'occhiata al
piano di sopra e via.”
Salirono le scale. Su un corridoio che
terminava con una finestra stavano due porte chiuse.
Andrea aprì la prima porta: era una
stanza per bambini, completa di lettini “appena fatti”,
scrivanie, un armadio. Il tema della stanza erano degli animali della
foresta stilizzati e alberi vari sparsi per le pareti. Si
addentrarono nell'altra stanza che era ben più strana. In realtà
era tutto in ordine, ma il letto non aveva il materasso; rimaneva
solo la struttura in doghe di legno che avrebbe dovuto ospitarlo.
C'era tutto, tranne il materasso.
Era stato uno stupido.
Con il fuoristrada correva sullo
sterrato al buio. In montagna il sole tramonta presto.
Avevano costruito quella casa per
stare lontani dalla città, per respirare aria pulita senza pensare
al lavoro e ai problemi quotidiani. Finalmente era terminata e quella
doveva essere la prima notte di pace e tranquillità, lontani dallo
smog e dai rumori...Come poteva essere stato così ingenuo?
Arrivato alla casa vide che c'erano
due macchine parcheggiate. “Maledizione!”
Le luci erano accese sia al piano
terra che al primo piano. Aprì la porta. Il silenzio regnava. Si
guardò intorno e non vide nessuno. Salì le scale.
Intravide le gambe a pochi gradini
dal piano. Sua moglie giaceva in una pozza di sangue a faccia in giù
nel corridoio con una profonda ferita alla schiena. Non emise suono,
preparandosi alla più terribile delle ipotesi che una scena del
genere generò nella sua testa.
Entrò nella camera da letto. Sul
materasso zuppo di sangue erano distesi suo figlio e sua figlia di
cinque e otto anni, con la gola tagliata da un orecchio all'altro. Il
coltello poggiato sul letto.
Seduta su una sedia c'era lei, la
sua amante. - Questa sera risolvo tutto con tua moglie alla casa in
montagna – gli aveva scritto su un sms quel pomeriggio, dopo che la
settimana prima le aveva rivelato dove lui e sua moglie si erano
costruiti il rifugio per le vacanze.
Lei lo amava, lui voleva solo
scopare. Lei era pazza, lui un ipocrita.
Urlò di rabbia e dolore, lei capì
che doveva fuggire. Cercò di afferrarla ma lei gli sfuggì scendendo
le scale. Afferrò il coltello e la inseguì.
“Andrea, andiamo via. Mi sono rotta
le palle.”
Uscirono dalla casa e si diressero
verso il sentiero. Alice e Andrea non tornarono più in quella casa e
presto dimenticarono di averla trovata.
Tempo dopo un fulmine la colpì e prese
fuoco. Ora quella casa non esiste più, esiste solo un ampio spazio
erboso circondato dal fitto bosco.
FINE
