lunedì 16 novembre 2015

Il Quadro (The Picture) - racconto sulla follia dell'arte o sull'arte della follia

Henri, colpito da una grave appendicite, era costretto al letto. Nel suo piccolo e spartano monolocale la sua attività preferita era leggere libri su paesi lontani. Il suo amico Pablo lo aiutava con piccole commissioni e nuovi libri che arricchivano le pile accatastate sul pavimento.

Toc toc
“Avanti” disse Henri
La chiave girò nella serratura e fece la sua comparsa Pablo con un grosso ingombro che trasportava con entrabe le mani.
“Pablo! Ma che cos'è quella roba?!”
“Un regalo per te.” Poggiò a terra il pacco grosso e piatto ed iniziò a scartarlo “Tadaaaaa!”
“Un quadro? Io non ho quadri.”
“Appunto! In questa stanza non c'è una nota colorata, solo pile di libri e pentole. Henri, hai bisogno di cose belle da vedere.”
“Bhè...in effetti apprezzo il gesto. Avvicinalo, fammelo vedere meglio.”
La tela era contornata da una semplice cornice in legno scuro e ritraeva una stanza: in primo piano un tavolo con un cesto di frutta, in parte caduta sul tavolo, e un vasetto di fiori su una tovaglia a righe bianche e rosse; affianco un mezzo grammofono appoggiava su un apparente caminetto.. Sullo sfondo una tenda tirata per una parte, apriva una stanza caratterizzata da una grande finesta che affacciava su un panorama di tetti e montagne ancora più in là. Le pareti, la tenda e il pavimento erano ricopperti di arabeschi di vari colori. Tutto sarebbe stato abbastanza normale se non per le prospettive mutevoli e le vie di fuga ambigue che rendevano il tutto...bizzarro.
“...Ti piace o no?”
“Si...dieri di si...non saprei, non ci capisco di arte...ma direi che mi piace.”
“Bene! Lo vogliamo appendere davanti al letto? Così potrai contemplarlo quando vuoi.”
Preso martello e chiodi, Pablo fissò il quadro alla parete. “Ora devo andare Henri, ci rivediamo nei prossimi giorni.”
“Va bene Pablo, grazie mille...aspetta...” Pablo uscì dalla camera senza che Henri finisse la frase.
Si era dimenticato di chiedergli dove avesse preso il quadro.

Quella sera Henri non riusciva a dormire e un fastidioso mal di testa rendeva la lettura difficile. Alzò lo sguardo verso il quadro. Inizialmente la sua attenzione fu catturata dalla frutta caduta sul tavolo: limoni? Mele? Pesche? Arance? La pennellata dell'artista non era netta, tutt'altro, rendendo gli oggetti comprensibili, ma non del tutto. Poi vagò con lo sguardo nella camera dipinta, per ammirare la tenda tirata da una corda, ricoperta di disegni nebulosi e variopinti. “Entrò” nella seconda stanza. Li si “affacciò” dalla finestra sul paesaggio sfocato...notò qualcosa...
Tra la finestra chiusa e la tenda tirata, c'era un piccolo rettangolo di tela che prima non aveva notato. Dentro quel rettangolo c'era un volto indefinito. Non era chiaro se fosse l'artista che si specchiava da dietro il tavolo con la frutta, o se fosse un'altra stanza oltre quella con la finestra. Non si ricordava di quel volto...
Henri si addormentò.

“Curioso” disse Pablo.
“Mi comunica inquietudine, ma anche calma.”
“Neanche io avevo notato il volto.”
“Queste vie di fuga paradossali, queste geometrie inesatte, queste pennellate indefinite...originale...”
I due amici fissavano il dipinto seduti sul letto da almeno un'ora.
“Henri, ora devo proprio andare all'ufficio postale a spedire una lettera importante, ci vediamo nei prossimi giorni.”
“Ciao Pablo, grazie della visita...ah, dove hai...” Pablo era uscito. Anche questa volta si era dimenticato di chiedergli dove avesse preso il quadro.

“Pronto Pablo...vieni subito!”
Henri camminava nervosamente nella stanza, osservando con la coda dell'occhio il quadro, ma senza mai soffermarcisi troppo.
Entrò Pablo.
“Cosa è successo, amico mio?!”
“Pablo, guarda il quadro, guarda bene...guarda il volto!”
“...Henri...ti assomiglia...”
“Sono io Pablo! Il volto nel quadro è il mio! Pablo...dove hai preso il quadro?!”
“...”
“Dove!”
“Henri...da quando ti conosco il quadro è sempre stato qui...”
Henri sbiancò in volto. “Cosa dici? L'hai portato tu pochi giorni fa!”
“Non è vero Henri, io...”
“Tu vuoi farmi diventare pazzo! Sei entrato di notte ed hai dipinto tu il volto mentre dormivo! Prima l'hai abbozzato, poi l'hai reso simile al mio! Perché vuoi farmi impazzire, eh?! Perché!!!”
“Henri, calmati!”
“Fuori! Vattene via! E non tornare mai più!”
Henri cacciò Pablo dalla stanza sbattendo la porta, poi con rabbia staccò il quadro dal muro e lo lanciò fuori dalla finestra.

Al suo risveglio Henri vide che il quardo era ancora appeso al muro. Una lettera affrancata era stata fatta passare sotto la porta d'ingresso:

Caro Henri,
dove sono ora tutto è strano e diverso. Ciò che credevo certo si è rivelato un'illusione. Cosa ci spinge a credere in quello che percepiamo? Perché non possiamo vedere la meraviglia che si nasconde dietro le geometrie convenzionali? Henri, dovresti vedere questi colori e queste forme. Henri, devi raggiungermi. Henri, è meraviglioso.

Pablo”
Henri svenne.


Aprì gli occhi. Un turbinio di forme e colori indefiniti gli trafisse gli occhi. Davanti a lui un tavolo con della frutta caduta, una tenda scostata, una finestra che dava su delle case, in fondo uno specchio dove si rifletteva il suo volto. Si girò. Una tela appesa al muro raffigurava la sua stanza con il letto vuoto e le pile di libri sul pavimento.
Urlò, si nascose sotto il tavolo. Vi rimase per molto tempo in stato catatonico, forse ore, forse giorni, forse secoli. “Henri, dovresti vedere questi colori e queste forme.”
Si alzò in piedi, prese uno dei frutti dal tavolo e lo morse. Tra i denti sentì una sostanza morbida sciogliersi in bocca e potè distinguere nettamente il sapore di giallo e di rosso. Annusò i fiori del vaso che lo costrinsero a portarsi entrambe le mani sulle narici come a difendersi da una tale fragranza mai annusata in precedenza, così piacevole da rimanerne terrorizzato. Hernri pianse dalla gioia. Si spostò verso il grammofono sul caminetto e lo mise in funzione. Dopo l'iniziale gracchiare, un suono sconosciuto riempì le sue orecchie. Non c'era melodia o armonia. Il contrappunto era inesistente e gli strumenti indistinti. “Ciò che credevo certo si è rivelato un'illusione.” Le ginocchia di Henri cedettero e cadde a peso morto. Rialzatosi a fatica passò sotto la tenda scostata da una corda e vide la sua figura allo specchio. Una serie di macchie colorate definivano Henri. “Cosa ci spinge a credere in quello che percepiamo?”
Aprì la finestra e si affacciò. Un villaggio nebuloso circondava l'abitato, sull sfondo delle montagne grigie si fondevano con il cielo. “Perché non possiamo vedere la meraviglia che si nasconde dietro le geometrie convenzionali?”

Era solo, esplorando i vicoli informi del villaggio. Non c'erano abitanti, né porte, né finestre. Dopo la foresta di edifici il mare, o l'oceano, o una vasta distesa d'acqua mutaforme: blu, azzurro, celeste, bianco, spuma, onde, vuoto, spazio siderale, solitudine.
Una figura emerse lentamente dal colore: un enorme Octopus si ergeva davanti Henri, paralizzato dalla gigantesca mostruosità. In un boccone lo divorò.

Picasso bussò alla porta.
“Pablo, entra pure!”
“Cosa volevi farmi vedere di così urgente?”
“La mia nuova opera. Si chiama Interno con fonografo.”
Matisse fece accomodare Picasso nell'altra stanza.
“Henri, è meraviglioso!”
“Grazie Pablo, ma ora ti devo raccontare un sogno che ho fatto qualche tempo fa....”

FINE

mercoledì 4 novembre 2015

Visioni Spettrali - fotografie di inquietudini

Fotografie realizzate in occasione di Halloween 2015 presso Villa Badde, Leonessa (RI), Italia.

Fotografie: Simona Moscadelli

Set e Photo Editing: Andrea Zeschi

L'Uomo del Bosco con ascia

L'Uomo del Bosco con gancio

Il Campanaro



Figura in Bianco


Mani: Filo Spinato

Mani: La Fonte

Mani: La Legnaia

Mani: Rovi

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