Scuola Materna Pier Paolo Pasolini, ore
3:12
*CRASH!*
I vetri della finestra caddero a terra,
mentre un sasso rotolò per qualche metro nel buio. Tre figure
entrarono illuminando l'atrio dell'asilo.
“Oh che cazzo, così mi fai
tagliare!”
“Sbrigati coglione, che se passa
qualcuno ci fai beccare e siamo nella merda!”
I tre ragazzini erano dentro e
cominciarono a ridacchiare in modo nervoso. I fasci di luce
provenienti dagli smartphone illuminavano a spot le pareti della
stanza: un Babbo Natale disegnato da un bambino che portava una
bicicletta che sputava fiamme dalle ruote, un poster di Monster &
Co., un lavoro di gruppo sulla raccolta differenziata, una bacheca di
sughero coperta di messaggi e avvisi, la targa dedicata a Pier Paolo
Pasolini.
“Ma poi chi cazzo è Pasolini?!”
“Bhò, è tipo un pedofilo.” Disse
Pietro rovistando nella sua cultura proletaria deviata.
Pietro 13 anni, figlio di operai, lui
metalmeccanico, lei sarta, che con grandi sacrifici lo iscrissero
alla scuola privata del quartiere bene. Sempre con pochi soldi in
tasca e disprezzato dai suoi compagni di avventura, veniva tollerato
per la sua inclinazione all'essere manipolato e a fare cose stupide a
richiesta.
“Ma che davvero? Un asilo dedicato a
un pedofilo?! Ma chi sono 'sti geni?!” Esclamò Leopoldo per poi
sputare sulla faccia in rilievo del poeta; gli altri lo seguirono a
ruota. Pietro sputò mezzo sulla targa e mezzo sulla propria
maglietta e i suoi amici scoppiarono a ridere piegandosi in due.
Un rivolo di bava densa colava dal naso
di Pasolini.
Leopoldo, 17 anni, figlio dell'alta
borghesia, lui avvocato, lei mantenuta, era il capo della banda.
Viziato, intelligente, falso, furbo, violento, atletico, pavido,
carismatico.
Una torcia illuminò il braccio di
Leopoldo
“Oh Leo, ma quello è un Rolex?”
“Eh si, l'ho rubato a mio padre, ma
poi lo devo rimettere a posto, altrimenti se si accorge mi rompe il
cazzo...ma per i diciotto anni mi faccio fare la Mini Cooper e il
Rolex.”
“Se vabbè.”
“Oh guarda che io mio padre lo
appiccico al muro se non fa come dico io, capito? E se mia madre
fiata si becca un bel vaffanculo e via!”
“Ho capito...ho capito...non ti
incazzare con me...” Si giustificò in modo sottomesso Mario.
Mario, 16 anni, figlio di
commercianti, in sovrappeso, non particolarmente intelligente, veniva
usato come valvola di sfogo per sentirsi migliori, tipo: “Oh, ma
come cazzo di scarpe ti sei messo?” “Zitto Mario, ciccione di
merda, o ti faccio rotolare dalle scale! Ahahahahah!”.
“Dai cazzo, spacchiamo tutto!”
irruppe Pietro e correndo aprì una porta con un calcio sparendo nel
corridoio lanciando bestemmie a casaccio.
“Certo che è proprio un coglione.”
“Si e pure morto di
fame...facciamogli bere l'acqua dei cessi per scommessa e riprendiamo
tutto con lo smartphone. Poi spacchiamo un po' di 'sta merda.”
“Si dai!”
Leopoldo e Mario seguirono le porte
aperte a calci da Pietro raggiungendo i bagni dell'edificio che si
sviluppava su un unico piano terra.
“Oh Pietro, ma dove cazzo stai?”
Nessuna risposta...
“Pietro, se non esci fuori diamo
fuoco a 'sto posto di merda con te dentro.”
Le mattonelle bianche splendevano sotto
le luci fredde degli smartphone.
Da una cabina dei sanitari provenivano
dei gorgoglii.
“Pietro, ma che ti sei messo a
cacare?...Pietro ora entro e ti riprendo mentre cachi!” Leopoldo
attivò la telecamera ed entrò dentro la cabina, ma era vuota.
Solamente la tazza in ceramica sporca e un cattivo odore di fogna. Il
rumore dei gorgoglii era sempre più forte. Si avvicinò.
Inizialmente sembrava che la tazza fosse rimasta tappata e colma di
liquami, ma mettendo a fuoco in mezzo a quella massa tra il marrone
escremento e il rosso sangue, identificò dei lineamenti
familiari...quelli di Pietro, che era come se fosse stato schiacciato
a forza dentro la tazza come una marmellata di interiora.
Leopoldo si pisciò sotto e si ritrasse
con un balzo sbattendo contro il freddo muro maiolicato. Sudando
cercò aiuto con lo sguardo verso Mario. Mario era sospeso a
mezzaria, tirato per le braccia da due creature alte circa due metri
e mezzo. Una era tozza e pelosa, con grandi fauci acuminate e mani
immense, l'altra era simile ad un insetto, un incrocio fra una mosca
e una mantide religiosa. Mario piangeva nel buio e singhiozzava,
anche lui se l'era fatta addosso e si era anche cacato sotto, i due
mostri continuarono a tirare, fino a quando un braccio si staccò di
netto e rimase in mano al mostro peloso, mentre l'insettoide cominciò
a fare a pezzi il resto del corpo cospargendo il bagno di fiotti di
sangue e brandelli di carne e ossa.
Il cellulare di Leopoldo si era
scaricato e aveva smesso di funzionare, lasciando l'illuminazione ai
raggi di luna. L'ultima cosa che vide furono le grandi zampe a forma
di falce che dilaniavano il suo amico di sventura e il grosso mostro
peloso che si avvicinava verso di lui, che cominciò a colpirlo
pesantemente con il braccio di Mario fino a ridurlo ad una poltiglia
molliccia sul pavimento.
“Pelosone, credo che questo sia
morto.”
“Si Bacarozzo, anche questo è
andato...Succhiasucchia, puoi entrare!”
Una creatura simile ad una larva
gigante entrò nella stanza strisciando sul soffitto, per poi
dirigersi verso i cadaveri. Con minuziosa scrupolosità prima li
predigerì con un liquido viscoso emesso da un orifizio anteriore che
potremmo definire bocca, poi li succhio con un altro orifizio
posizionato in prossimità dell'altro.
“Aspetta Succhiasucchia!” disse
Pelosone avvicinandosi ai resti liquefatti di Leopoldo “Guardate
questo bellissimo oggetto luccicante, sicuramente piacerà a
Daniele!” e raccolse il Rolex.
Succhiasucchia concluse il suo lavoro
di pulizia facendo scomparire ogni traccia biologica dai bagni, poi
si diresse verso una tazza e cominciò a defecare i tre ragazzi,
tirando numerose volte lo sciacquone aiutato da Bacarozzo. Leopoldo,
Pietro e Mario non esistevano più ed i loro resti liquidi si
trovavano nelle fogne.
Mattina.
*DRIIIIIIIIN*
Il vociare dei bambini riempì la
Scuola Materna Pier Paolo Pasolini.
Le maestre stavano congedando i due
poliziotti, allertati dalla bidella all'alba appena arrivata, dopo
aver trovato una finestra rotta, ma a parte quello niente era stato
distrutto o rubato.
Daniele aprì il suo armadietto e
dentro trovò un bellissimo orologio d'oro.
“Marta, Alessio, guardate!”
“Wow, che bello!”
“Si! E' sicuramente un regalo di
Pelosone!”
“Si andiamo a giocare con loro!”
I bambini corsero verso il giardino
della scuola per incontrare i loro compagni di giochi. C'era
Pelosone, Bacarozzo, Succhiasucchia, Rasoio, Occhibianchi,
Lingualunga, Dentone e tutti gli altri amici immaginari dei bambini
della Scuola Materna Pier Paolo Pasolini.
Daniele si avvicinò a Pelosone
mostrando orgoglioso il suo nuovo Rolex.
“Pelosone, ti voglio bene.”
Pelosone sorrise mostrando le sue grandi fauci acuminate.
FINE
