lunedì 11 maggio 2015

Il dono di un amico (Gift from a friend) - racconto terrificante di vandalismo e amicizia

Scuola Materna Pier Paolo Pasolini, ore 3:12

*CRASH!*
I vetri della finestra caddero a terra, mentre un sasso rotolò per qualche metro nel buio. Tre figure entrarono illuminando l'atrio dell'asilo.
“Oh che cazzo, così mi fai tagliare!”
“Sbrigati coglione, che se passa qualcuno ci fai beccare e siamo nella merda!”
I tre ragazzini erano dentro e cominciarono a ridacchiare in modo nervoso. I fasci di luce provenienti dagli smartphone illuminavano a spot le pareti della stanza: un Babbo Natale disegnato da un bambino che portava una bicicletta che sputava fiamme dalle ruote, un poster di Monster & Co., un lavoro di gruppo sulla raccolta differenziata, una bacheca di sughero coperta di messaggi e avvisi, la targa dedicata a Pier Paolo Pasolini.
“Ma poi chi cazzo è Pasolini?!”
“Bhò, è tipo un pedofilo.” Disse Pietro rovistando nella sua cultura proletaria deviata.

Pietro 13 anni, figlio di operai, lui metalmeccanico, lei sarta, che con grandi sacrifici lo iscrissero alla scuola privata del quartiere bene. Sempre con pochi soldi in tasca e disprezzato dai suoi compagni di avventura, veniva tollerato per la sua inclinazione all'essere manipolato e a fare cose stupide a richiesta.

“Ma che davvero? Un asilo dedicato a un pedofilo?! Ma chi sono 'sti geni?!” Esclamò Leopoldo per poi sputare sulla faccia in rilievo del poeta; gli altri lo seguirono a ruota. Pietro sputò mezzo sulla targa e mezzo sulla propria maglietta e i suoi amici scoppiarono a ridere piegandosi in due.
Un rivolo di bava densa colava dal naso di Pasolini.

Leopoldo, 17 anni, figlio dell'alta borghesia, lui avvocato, lei mantenuta, era il capo della banda. Viziato, intelligente, falso, furbo, violento, atletico, pavido, carismatico.

Una torcia illuminò il braccio di Leopoldo
“Oh Leo, ma quello è un Rolex?”
“Eh si, l'ho rubato a mio padre, ma poi lo devo rimettere a posto, altrimenti se si accorge mi rompe il cazzo...ma per i diciotto anni mi faccio fare la Mini Cooper e il Rolex.”
“Se vabbè.”
“Oh guarda che io mio padre lo appiccico al muro se non fa come dico io, capito? E se mia madre fiata si becca un bel vaffanculo e via!”
“Ho capito...ho capito...non ti incazzare con me...” Si giustificò in modo sottomesso Mario.

Mario, 16 anni, figlio di commercianti, in sovrappeso, non particolarmente intelligente, veniva usato come valvola di sfogo per sentirsi migliori, tipo: “Oh, ma come cazzo di scarpe ti sei messo?” “Zitto Mario, ciccione di merda, o ti faccio rotolare dalle scale! Ahahahahah!”.

“Dai cazzo, spacchiamo tutto!” irruppe Pietro e correndo aprì una porta con un calcio sparendo nel corridoio lanciando bestemmie a casaccio.
“Certo che è proprio un coglione.”
“Si e pure morto di fame...facciamogli bere l'acqua dei cessi per scommessa e riprendiamo tutto con lo smartphone. Poi spacchiamo un po' di 'sta merda.”
“Si dai!”

Leopoldo e Mario seguirono le porte aperte a calci da Pietro raggiungendo i bagni dell'edificio che si sviluppava su un unico piano terra.
“Oh Pietro, ma dove cazzo stai?” Nessuna risposta...
“Pietro, se non esci fuori diamo fuoco a 'sto posto di merda con te dentro.”
Le mattonelle bianche splendevano sotto le luci fredde degli smartphone.
Da una cabina dei sanitari provenivano dei gorgoglii.
“Pietro, ma che ti sei messo a cacare?...Pietro ora entro e ti riprendo mentre cachi!” Leopoldo attivò la telecamera ed entrò dentro la cabina, ma era vuota. Solamente la tazza in ceramica sporca e un cattivo odore di fogna. Il rumore dei gorgoglii era sempre più forte. Si avvicinò. Inizialmente sembrava che la tazza fosse rimasta tappata e colma di liquami, ma mettendo a fuoco in mezzo a quella massa tra il marrone escremento e il rosso sangue, identificò dei lineamenti familiari...quelli di Pietro, che era come se fosse stato schiacciato a forza dentro la tazza come una marmellata di interiora.
Leopoldo si pisciò sotto e si ritrasse con un balzo sbattendo contro il freddo muro maiolicato. Sudando cercò aiuto con lo sguardo verso Mario. Mario era sospeso a mezzaria, tirato per le braccia da due creature alte circa due metri e mezzo. Una era tozza e pelosa, con grandi fauci acuminate e mani immense, l'altra era simile ad un insetto, un incrocio fra una mosca e una mantide religiosa. Mario piangeva nel buio e singhiozzava, anche lui se l'era fatta addosso e si era anche cacato sotto, i due mostri continuarono a tirare, fino a quando un braccio si staccò di netto e rimase in mano al mostro peloso, mentre l'insettoide cominciò a fare a pezzi il resto del corpo cospargendo il bagno di fiotti di sangue e brandelli di carne e ossa.
Il cellulare di Leopoldo si era scaricato e aveva smesso di funzionare, lasciando l'illuminazione ai raggi di luna. L'ultima cosa che vide furono le grandi zampe a forma di falce che dilaniavano il suo amico di sventura e il grosso mostro peloso che si avvicinava verso di lui, che cominciò a colpirlo pesantemente con il braccio di Mario fino a ridurlo ad una poltiglia molliccia sul pavimento.
“Pelosone, credo che questo sia morto.”
“Si Bacarozzo, anche questo è andato...Succhiasucchia, puoi entrare!”
Una creatura simile ad una larva gigante entrò nella stanza strisciando sul soffitto, per poi dirigersi verso i cadaveri. Con minuziosa scrupolosità prima li predigerì con un liquido viscoso emesso da un orifizio anteriore che potremmo definire bocca, poi li succhio con un altro orifizio posizionato in prossimità dell'altro.
“Aspetta Succhiasucchia!” disse Pelosone avvicinandosi ai resti liquefatti di Leopoldo “Guardate questo bellissimo oggetto luccicante, sicuramente piacerà a Daniele!” e raccolse il Rolex.
Succhiasucchia concluse il suo lavoro di pulizia facendo scomparire ogni traccia biologica dai bagni, poi si diresse verso una tazza e cominciò a defecare i tre ragazzi, tirando numerose volte lo sciacquone aiutato da Bacarozzo. Leopoldo, Pietro e Mario non esistevano più ed i loro resti liquidi si trovavano nelle fogne.

Mattina.
*DRIIIIIIIIN*
Il vociare dei bambini riempì la Scuola Materna Pier Paolo Pasolini.
Le maestre stavano congedando i due poliziotti, allertati dalla bidella all'alba appena arrivata, dopo aver trovato una finestra rotta, ma a parte quello niente era stato distrutto o rubato.
Daniele aprì il suo armadietto e dentro trovò un bellissimo orologio d'oro.
“Marta, Alessio, guardate!”
“Wow, che bello!”
“Si! E' sicuramente un regalo di Pelosone!”
“Si andiamo a giocare con loro!”
I bambini corsero verso il giardino della scuola per incontrare i loro compagni di giochi. C'era Pelosone, Bacarozzo, Succhiasucchia, Rasoio, Occhibianchi, Lingualunga, Dentone e tutti gli altri amici immaginari dei bambini della Scuola Materna Pier Paolo Pasolini.
Daniele si avvicinò a Pelosone mostrando orgoglioso il suo nuovo Rolex.
“Pelosone, ti voglio bene.” Pelosone sorrise mostrando le sue grandi fauci acuminate.

FINE

Nessun commento:

Posta un commento

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...