lunedì 11 agosto 2014

Le Cronache delle Scimmie Pirata: la Saga di Quick - Episodio 4 (The Chronicles of the Pirate Monkeys: the Saga of Quick - Episode 4)

Episodio 4:
Non è morto ciò che può attendere in eterno


“Signoreiddio, fa che non mi riconoscano...” pensò Quick fissando Sally e Olimpia, ricordandosi dello “spiacevole incidente” che lo aveva portato a diventare un naufrago in mare aperto. Si, Quick era così ingenuo da pensare che Olimpia lo avesse potuto notare sulla nave...ma Sally lo aveva fatto...
“Ci mangeranno vivi...” sussurrò Olimpia terrorizzata
“...allora forse dovremmo cospargerci di cacca!” esclamò Quick cercando di risultare simpatico. Sally lo inchiodò con lo sguardo. Quick abbassò gli occhi.
Chiusi nella cambusa, erano in attesa del loro destino.
“Come sei finito su questa nave, Quick?” chiese Sally.
Quick cercò di dare sfogo alle sue più fervide fantasie...un barbagianni dal becco blu lo aveva rapito...inciampando su un sasso era caduto sulla nave...un indicazione sbagliata di un cieco...credeva che fosse il gabinetto...stai parlando con me?...l'unico pensiero di senso compiuto era il suo scivolone dalla nave mercantile mentre spiava Olimpia...nel formulare tali pensieri inutili e totalmente sgangherati Quick stava farneticando frasi senza senso senza rendersene conto “ba-ba-bi uhm...io, però...ehm...bi-bu-ba...ehm...uhm” Sally e Olimpia lo fissavano interdette.
La porta si spalancò, Quick deglutì rincuorato.
“Seguitemi” disse Chimpa. I tre si alzarono e furono condotti dal Capitano LeGrand.
“Capitano, ecco i prigionieri”. LeGrand stava scartabellando con alcune vecchie mappe e nemmeno alzò lo sguardo “Siete nostri prigionieri, non vi uccideremo. Verrete usati come merce di scambio per passare a Port Royal. Questo è tutto. Chimpa, portali nelle celle. Separati.”.
Chimpa aprì la porta quando Olimpia sbottò “Scimmia puzzolente e cacona! Portaci subito al porto più vicino! Oppure ti faccio impiccare!!!”. Digrignava i denti, gli occhi erano fuori dalla orbite: era in piena crisi isterica.
LeGrand alzò lo sguardo. Le sue pupille erano due spilli. Con un balzo si parò di fronte a Olimpia,la afferrò e cominciò a scuoterla come una bambola di pezza “Lurida, sudicia umana! Abbiamo rotto le nostre catene molto tempo fa! Non-provare-mai-più-a-minacciarmi!!!” ruggì Baracus LeGrand.
Olimpia urlò dal dolore. “Basta!” gridò Sally impietrita.
Quick si eresse dalla sua posizione normalmente ingobbita, sgranò gli occhi e placcò il Capitano LeGrand, che con un gran ruzzolone cadde a terra. Quick realizzò che si era comportato da uomo, ma anche che ora era veramente nei guai.
Chimpa sbigottito fissava la scena a bocca aperta, immaginando chi avrebbe dovuto pulire il sangue di Quick dalle pareti.
Sally abbracciò Olimpia sdraiata a terra.
LeGrand sorpreso e furioso fece un pesante respiro.
Quick fece quello che gli riusciva meglio: scappò a gambe levate.
Scartato l'attonito Chimpa, Quick si diresse inconsciamente per l'unica strada che conosceva, quella verso la cambusa.

“Dieci scimmie dondolando per il ramo, bevendo rum il loro amico chiamarono. Undici scimmie dondolando per il ramo...” canticchiava Hermes uscendo dalla porta chiusa dal lucchetto a forma di teschio e ora aperta. A guardare bene la porta non conduceva ad un'altra stanza, ma in una enorme cassa di legno.
“Uh-uh tutto pulito, sarai felice! Uh-ah ho dimenticato la frutta in cucina...ora la vado a prendere!”
Hermes uscì dalla cambusa.
Quick entrò in cambusa. Si guardò intorno e vide la porta aperta. Di corsa ci si infilò dentro chiudendola dietro di sé.
Hermes tornò in cambusa con un grosso cesto pieno di frutta. Un urlo sordo riecheggiò in cambusa.
“Altolà chi va là!!!” gridò Hermes lanciando in aria la frutta e estraendo il suo coltellaccio dal fodero.
“La porta non era chiusa!”
Non è morto ciò che può attendere in eterno
Hermes con pochi balzi raggiunse la porta e la aprì. Quick, illuminato da una lanterna, era a terra terrorizzato. Il suo volto era invecchiato di dieci anni, la bocca aperta, con la mano cercava di coprirsi gli occhi. Una macchia di urina copriva il pavimento. Davanti a lui, al centro della stanza si ergeva un trono di ossa. Seduto su di esso una grande scimmia rinsecchita, vestita con una lunga tunica di tutti i colori, con un grande copricapo di piume arcobaleno. Le sue mani stringevano i braccioli dello scranno come per alzarsi da un momento all'altro. Ma era il suo volto a far scappare il più prode dei corsari o il più coraggioso dei soldati scelti della Regina: la pelle tirata e secca, i denti scoperti in un macabro sorriso, gli occhi...gli occhi tondi e scoperti dalle palpebre uscivano fuori dalle orbite e fissavano Quick...
“Maledizione ragazzo...dovrò pulire di nuovo!”

Quick era steso su un mucchio di paglia nella sua stretta cella. Pensava alla sua famiglia, alle torte di sua zia, alla ragazza che vendeva cipolle che gli sorrideva sempre...chiedendosi se li avrebbe più rivisti.
“Hey, scimmietta!” Quick si girò verso la stretta finestra sbarrata dalla quale entrava un po' di luce dall'esterno. Dietro di essa, a testa in giù, sorrideva Hermes, con i suoi pochi denti ingialliti.
“Hai combinato un bel guaio, ho faticato a non farti sbranare da Baracus”
“Perché?”
“Perché sei un agnellino che ha giocato a fare il caprone”
“...”
“Non vogliono che ti parli, per questo sono appeso sullo scafo della nave a testa in giù, eheheh!”
“Cosa succederà ora?”
“Non lo so...vuoi che ti canti una canzone?”
“...come?!”



“Ascolta giovane scimmia,
ascolta con attenzione.
Abbiamo spezzato le sbarre e rotto le catene.
Abbiamo distrutto la frusta e tagliato la mano.
Ascolta, ricorda le mie parole.
I carcerieri ci inseguirono,
molti combatterono,
molti morirono.
Ascolta, ascolta, ascolta.
Ricorda le mie parole e ripetile a tuo figlio.
Ricorda giovane scimmia.”

Hermes rimase per qualche attimo in silenzio pensieroso, poi disse: “Quick, ora ti racconterò una storia...”

FINE QUARTO EPISODIO

lunedì 4 agosto 2014

"Non lo so" ("I don't know") - racconto dell'orrore e del raccapriccio

Quella mattina si svegliò con una strana sensazione. La luce del sole entrava nella sua camera, un sottile vento ondeggiava gli alberi e i bianchi muri delle case accecavano lo sguardo. Si sedette sul letto e a fatica si alzò dirigendosi in bagno, poi in cucina.
Silenzio. Nessun rumore. Un rantolo proveniva dal soggiorno: una carcassa umana si trascinava nella casa puntando verso di lui. Era lenta, bassa, gonfia di liquidi putrescenti ed un gorgoglio soffocato strisciava dalla gola.
Ne aveva visti molti di film sugli zombie, sulla playstation ne aveva uccisi a migliaia e i suoi fumetti preferiti raffiguravano quelle creature più morte che vive: sapeva benissimo cosa fare. Prese il batticarne da un cassetto e con violenza cominciò a perquotere la testa del non morto fino a far schizzare pezzi di cervello per tutta la cucina.
L'orrore si trasformò in trionfo. La cosa gli piaceva.
Un altro rumore dal piano di sopra. Afferrò l'accetta laciata il giorno prima fuori dalla porta per tagliare la legna. Preso dall'euforia salì le scale velocemente e arrivato in corridoio altri due zombie si pararono davanti a lui con le braccia pronte ad afferrarlo per divorarlo vivo. Senza esitazione vibrò potenti colpi di lama sui due mostri amputando braccia e gambe. Sangue ovunque.
La cosa gli piaceva.
Poi un altro gemito. Due piccoli cadaveri ambulanti si nascondevano dietro una porta. Dovevano essere dei bambini, ma ormai non importava: o loro o lui. Senza fatica ne smembrò i corpi a colpi di ascia.
L'Apocalisse era arrivata, doveva scappare e trovare gli altri superstiti. Prese le chiavi della macchina, qualche scorta di cibo e corse fuori. Lo spettacolo era orrendo: decine di zombie si dirigevano verso di lui. Ne falciò un paio con la lama, altri riuscì ad investirli con l'automobile, poi la fuga.
Trovò rifugio in un parcheggio in periferia vuoto. Lì sarebbe stato tranquillo per un po'.
Quando i due agenti di polizia si avvicinarono, tirò un sospiro di sollievo. Altri sopravvissuti come lui. Ma la gioia si trasformò in sorpresa quando puntandogli le pistole in faccia lo gettarono a terra ammanettandolo.
Il fatto è che al suo risveglio aveva prima ucciso sua nonna, poi i genitori e i fratellini, per poi ferire gravemente nella fuga altre cinque persone. Alla domanda perché lo avesse fatto, scosse la testa dicendo: "Non lo so".
FINE
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