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martedì 30 ottobre 2012
domenica 28 ottobre 2012
Le Cronache delle Scimmie Pirata: la Saga di Quick - Episodio 2 (The Chronicles of the Pirate Monkeys: the Saga of Quick - Episode 2)
Episodio 2: Una storia imbarazzante
Quick sedeva su uno sgabello nella penombra davanti al massiccio tavolo di legno del Capitano LeGrand. Poteva vedere i segni del tempo: macchie scure, tagli come cicatrici, i bordi erano smussati per l'usura. Istintivamente si avvicinò al legno per annusarlo.
“Che fai?!”
Quick sgranò gli occhi “Niente!”
Il Capitano sedeva dietro il vecchio
tavolo su uno scranno d'ebano finemente intarsiato di elementi
floreali e intrecci alla spagnola. L'unica luce era la candela di una
lanterna interposta fra loro.
LeGrand soffiò dal naso e disse:
“Perché eri in mare?”.
Quick sentì un fremito sulla schiena.
Inventarsi una storia avrebbe voluto dire rischiare di essere
divorato da un branco di scimmie, ma la verità era così
imbarazzante! Fissò l'enorme mappa appesa al muro dietro LeGrand.
L'inghilterra. Quanto era lontano da casa sua?
“Ti ho fatto una domanda! Perché eri
in mare?!”
“Ammutinamento.”
“Cosa?!”
“Mi sono ammutinato per i metodi
schiavisti del capitano della nave mercantile dove ero imbarcato.
Purtroppo il resto dell'equipaggio era terrorizzato da lui, così
sotto suo ordine sono stati costretti a gettarmi in mare...è stato
terribile” aggiunse Quick in tono melodrammatico.
LeGrand stette in silenzio. Lo
scricchiolio della nave divenne assordante.
“Avevamo fatto un patto” disse
Baracus...”Nessuna bugia.” I suoi denti lunghi e affilati
uscirono fuori dalla bocca.
“Non sto mentendo” balbettò Quick.
“Se il tuo viso non fosse rosso
paonazzo e se non stessi sudando come un maiale, potrei anche
crederti.” LeGrand salì sul tavolo e sovrastò l'esile figura di
Quick schiacciata sullo sgabello.
Quick non resse la tensione e scoppiò
a piangere.
“Non mangiarmi Capitano! Ti preeego!”
“E allora dimmi la verità!”
Tra lacrime e singhiozzi Quick raccontò
di come si fosse imbarcato come marinaio grazie a suo zio su una nave
inglese con un carico di Whisky. Su questa nave viaggiava una
gentildonna con il suo seguito che doveva raggiungere oltreoceano il
suo futuro marito. La gentildonna in questione causava a Quick, per
così dire, una forte attrazione per il suo fisico prorompente ed i
suoi modi di fare civettuoli e in certi casi sconvenienti per una
donna rispettabile. Una sera Quick in preda ai calori ormonali si
arrampicò esternamente lungo gli alloggi dei passeggeri per spiare
la ragazza. Nascostosi dietro la sua finestra la vide prepararsi per
la notte, ma arrivato all'apice dell'inconsapevole spogliarello, la
serva della gentildonna spalancò improvvisamente le ante della
finestra, cosa che fece precipitare Quick in acqua.
Baracus scoppiò in una fragorosa
risata “AHAHAHAH! Sei un povero idiota!”
“Grazie” rispose Quick alzando un
sopracciglio. Nella stanza irruppe lo scimpanzé con la bandana rossa
“Capitano, nave in vista!”
“Chimpa, porta l'umano in cambusa, io
vado sul ponte” disse LeGrand..
“Chimpa?!” esordì stupito Quick
istintivamente.
“E' il mio nome! Cosa c'è?”
“Niente...”
Uscendo dalla porta Quick vide che una
tempesta si stava avvicinando a forte velocità.
Quick fu portato lungo una buia e
stretta scala di legno, illuminata qua e là da lanterne a olio.
Sopra di sé poteva sentire un gran trambusto di zampe e grida.
Passarono prima per uno stretto corridoio intervallato alle pareti da
anguste e buie stanzette, dove in continuazione scimmie di tutti i
tipi cercavano di raggiungere il ponte della nave passando sotto le
gambe di Quick e saltandogli in testa. L'odore di sudore, tabacco e
zuppa gli fece capire che stavano passando lungo gli alloggi. Poi un
forte odore di polvere da sparo bruciò le narici di Quick. Nel
corridoio più largo che stavano percorrendo erano schierati dei
cannoni puntati verso l'esterno dello scafo. Decine di scimmie si
affannavano a caricare le bocche di fuoco o a posizionarle nel modo
giusto. Una scimmia dal pelo grigio con dei grossi ciuffi bianchi ai
lati delle guance si parò davanti a Quick. Era evidentemente in là
con l'età, parte della sua faccia portava delle cicatrici di vecchie
ustioni e indossava una giacca rossa lunga fino alle ginocchia, con
un rigido colletto e finiture finto dorate. “Tu! Scimmia glabra!
Portami subito delle palle di cannone!” Quick si immobilizzò
interdetto.
“Uh! Ahahahah! Con un po' di pelo
anche lui è una scimmia! Ahahahah!”
Quick sorrise, ma fu immediatamente
preso per un polso dal suo carceriere e trascinato oltre.
Varcata una porta arrivarono in
cambusa. Era piena di ogni genere alimentare, stoffe accatastate,
liquori, bauli chiusi da grossi lucchetti e casse. In fondo alla
stanza una grande porta di legno, chiusa da un pesante lucchetto a
forma di teschio. Dei lumini affiancavano la porta; tabacco, frutta e
una bottiglia erano posati davanti ad essa. Quick la fissò. “Stai
lontano da quella porta” ordinò Chimpa, “Non toccare niente,
siediti in quell'angolo e stai fermo immobile fino a che qualcuno non
ti viene a prendere.” Poi usci dalla sala.
La tempesta era arrivata, la nave
cominciò a rollare; forti tuoni furono presto accompagnati dal
cannoneggiare dell'artiglieria. Quick era rannicchiato nell'angolo e
pregava Dio, Nettuno o qualsiasi entità sovrannaturale potesse
salvarlo da quella situazione. Un'altra salva di cannoni fu sparata,
questa volta a distanza ravvicinata. Poteva vedere lo scafo della
nave avversaria da un piccolo oblò della cambusa. Tuoni e fulmini
aumentarono d'intensità, la pioggia scrosciava forte come l'acqua
sotto una cascata.
“All'arrembaggioooooo!” Decine di
sagome nere sfrecciarono nell'aria verso l'altra nave, agili come
spettri. Urla disumane saturarono l'aria, urla di disperazione fecero
vacillare Quick, urla di sangue lo assordarono. Figlie del Demonio
e della Tempesta!
Quick, bianco come un lenzuolo, si
ritrasse e si rifugiò dentro un barile vuoto aspettando che tutto
fosse finito.
Chimpa entrò in cambusa. Quick tirò
su la testa dal barile. Due bottiglie facevano bella mostra tra le
mani della scimmia. Sorridendo Chimpa disse “Whisky ragazzo!”
FINE SECONDO EPISODIO
FINE SECONDO EPISODIO
domenica 21 ottobre 2012
Rivelazione (Revelation) - disegno su antiche sculture
Cosa ha ispirato le "teste a punta" di roccia? La rivelazione del mistero, potrebbe essere fatale.
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| Rivelazione, matita e penna su carta |
martedì 16 ottobre 2012
Pegno d'amore (Pledge of love) - racconto del grottesco e dello sgomento
Il carnevale era al suo apice, alla fioca luce dei lampioni dame
velate civettavano per i vicoli, piccoli demonietti scorrazzavano tra la
folla ridacchiando, panciuti signori passeggiavano ostentando i loro
panni. Berenice aspettava sul ponte.
Il cielo era privo di stelle, il freddo pizzicava il naso e la nebbia circondava ogni cosa rendendola eterea. Dalla nebbia emerse Giovanni.
Lo riconobbe dai passi, lui le si avvicinò e le strinse la mano fissando i neri vuoti della sua maschera. Giovanni si era innamorato degli occhi di Berenice, del colore dello smeraldo e brillanti di luce propria, passava ore a fissarli.
Berenice sfiorò con la mano la bocca immobile della maschera di Giovanni. Pensò alle labbra di lui, morbide e carnose, labbra da baciare fino al giorno del giudizio.
Si incamminarono nel dedalo di strade per raggiungere la festa dove avrebbero incontrato le personalità più importanti della città, amici e parenti, tutti lì radunati.
Gli invitati mascherati danzavano e ridevano inebriati dal vino, spintonandosi e abbracciandosi sotto la luce a giorno degli enormi lampadari, mentre i servitori trasportavano in continuazione cibarie esotiche e bevande alcoliche. Berenice e Giovanni entrarono nel salone e si diressero verso la grande scalinata. Salito qualche gradino Berenice si girò e attirò l'attenzione con un solo battito di mani. L'orchestra smise di suonare, i servitori rimasero immobili con i vassoi sospesi e gli invitati terminarono le danze. Tutti fissarono i due innamorati.
Berenice cominciò a parlare: “Io e Giovanni ci amiamo, ciò è noto, ma l'amore è un sentimento fugace e labile, tanto repentino nel nascere quanto nel morire. Non il nostro però, che come il fuoco brucia e ci consuma e che ci fa assaporare la vita in ogni momento. Ma le parole volano e si disperdono come i piccioni che sorpresi da un forte rumore svolazzano sgraziati in ogni direzione, rinunciando alle briciole di pane sparse sulla piazza. Per questo motivo, oggi, vogliamo mostrare a tutti voi il nostro pegno d'amore”.
Al termine del discorso i due si tolsero le maschere. Orrore e disgusto pervasero le anime degli astanti. Una Colombina svenne quasi immediatamente, un Arlecchino spalancò la bocca senza però riuscire ad emettere un grido, un Casanova sgranò gli occhi che subito coprì con il pesante mantello. Loro stavano lì, immobili, come due statue elleniche da ammirare, soddisfatti del loro amore, lei con le orbite vuote prive degli occhi del colore dello smeraldo e lui con i denti in bella vista, una volta coperti da labbra morbide e carnose.
Il cielo era privo di stelle, il freddo pizzicava il naso e la nebbia circondava ogni cosa rendendola eterea. Dalla nebbia emerse Giovanni.
Lo riconobbe dai passi, lui le si avvicinò e le strinse la mano fissando i neri vuoti della sua maschera. Giovanni si era innamorato degli occhi di Berenice, del colore dello smeraldo e brillanti di luce propria, passava ore a fissarli.
Berenice sfiorò con la mano la bocca immobile della maschera di Giovanni. Pensò alle labbra di lui, morbide e carnose, labbra da baciare fino al giorno del giudizio.
Si incamminarono nel dedalo di strade per raggiungere la festa dove avrebbero incontrato le personalità più importanti della città, amici e parenti, tutti lì radunati.
Gli invitati mascherati danzavano e ridevano inebriati dal vino, spintonandosi e abbracciandosi sotto la luce a giorno degli enormi lampadari, mentre i servitori trasportavano in continuazione cibarie esotiche e bevande alcoliche. Berenice e Giovanni entrarono nel salone e si diressero verso la grande scalinata. Salito qualche gradino Berenice si girò e attirò l'attenzione con un solo battito di mani. L'orchestra smise di suonare, i servitori rimasero immobili con i vassoi sospesi e gli invitati terminarono le danze. Tutti fissarono i due innamorati.
Berenice cominciò a parlare: “Io e Giovanni ci amiamo, ciò è noto, ma l'amore è un sentimento fugace e labile, tanto repentino nel nascere quanto nel morire. Non il nostro però, che come il fuoco brucia e ci consuma e che ci fa assaporare la vita in ogni momento. Ma le parole volano e si disperdono come i piccioni che sorpresi da un forte rumore svolazzano sgraziati in ogni direzione, rinunciando alle briciole di pane sparse sulla piazza. Per questo motivo, oggi, vogliamo mostrare a tutti voi il nostro pegno d'amore”.
Al termine del discorso i due si tolsero le maschere. Orrore e disgusto pervasero le anime degli astanti. Una Colombina svenne quasi immediatamente, un Arlecchino spalancò la bocca senza però riuscire ad emettere un grido, un Casanova sgranò gli occhi che subito coprì con il pesante mantello. Loro stavano lì, immobili, come due statue elleniche da ammirare, soddisfatti del loro amore, lei con le orbite vuote prive degli occhi del colore dello smeraldo e lui con i denti in bella vista, una volta coperti da labbra morbide e carnose.
martedì 9 ottobre 2012
La trippa (The tripe) - racconto dell'orrore gastronomico
Quella mattina comprai due etti di trippa dal macellaio. Era una settimana che volevo mangiare trippa.
Soffritto di cipolla, carote e sedano, poi la trippa nel tegame a friggere nell'olio. Vino e poi polpa di pomodoro rossa, densa, sugosa, in un bollore infernale dall'odore paradisiaco. Frattaglie che diventano cibo degli dei.
Fine della cottura, la saliva mi riempiva la bocca. Tutto nel piatto.
Presi il parmigiano dal frigorifero e con un cucchiaio diedi una bella spolverata...delle palline verdi e pelose puntinarono la trippa: il parmigiano aveva fatto la muffa.
mercoledì 3 ottobre 2012
Il Divoratore di Mondi (The Devourer of Worlds) - disegno su creature siderali
Da qualche parte nell'Universo, il Divoratore di Mondi decide quale pianeta mangiare.
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| Il Divoratore di Mondi, matita e penna su diario scolastico |
lunedì 1 ottobre 2012
Il riposo (The rest) - disegno su lande fantastiche
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