Episodio 2: Una storia imbarazzante
Quick sedeva su uno sgabello nella penombra davanti al massiccio tavolo di legno del Capitano LeGrand. Poteva vedere i segni del tempo: macchie scure, tagli come cicatrici, i bordi erano smussati per l'usura. Istintivamente si avvicinò al legno per annusarlo.
“Che fai?!”
Quick sgranò gli occhi “Niente!”
Il Capitano sedeva dietro il vecchio
tavolo su uno scranno d'ebano finemente intarsiato di elementi
floreali e intrecci alla spagnola. L'unica luce era la candela di una
lanterna interposta fra loro.
LeGrand soffiò dal naso e disse:
“Perché eri in mare?”.
Quick sentì un fremito sulla schiena.
Inventarsi una storia avrebbe voluto dire rischiare di essere
divorato da un branco di scimmie, ma la verità era così
imbarazzante! Fissò l'enorme mappa appesa al muro dietro LeGrand.
L'inghilterra. Quanto era lontano da casa sua?
“Ti ho fatto una domanda! Perché eri
in mare?!”
“Ammutinamento.”
“Cosa?!”
“Mi sono ammutinato per i metodi
schiavisti del capitano della nave mercantile dove ero imbarcato.
Purtroppo il resto dell'equipaggio era terrorizzato da lui, così
sotto suo ordine sono stati costretti a gettarmi in mare...è stato
terribile” aggiunse Quick in tono melodrammatico.
LeGrand stette in silenzio. Lo
scricchiolio della nave divenne assordante.
“Avevamo fatto un patto” disse
Baracus...”Nessuna bugia.” I suoi denti lunghi e affilati
uscirono fuori dalla bocca.
“Non sto mentendo” balbettò Quick.
“Se il tuo viso non fosse rosso
paonazzo e se non stessi sudando come un maiale, potrei anche
crederti.” LeGrand salì sul tavolo e sovrastò l'esile figura di
Quick schiacciata sullo sgabello.
Quick non resse la tensione e scoppiò
a piangere.
“Non mangiarmi Capitano! Ti preeego!”
“E allora dimmi la verità!”
Tra lacrime e singhiozzi Quick raccontò
di come si fosse imbarcato come marinaio grazie a suo zio su una nave
inglese con un carico di Whisky. Su questa nave viaggiava una
gentildonna con il suo seguito che doveva raggiungere oltreoceano il
suo futuro marito. La gentildonna in questione causava a Quick, per
così dire, una forte attrazione per il suo fisico prorompente ed i
suoi modi di fare civettuoli e in certi casi sconvenienti per una
donna rispettabile. Una sera Quick in preda ai calori ormonali si
arrampicò esternamente lungo gli alloggi dei passeggeri per spiare
la ragazza. Nascostosi dietro la sua finestra la vide prepararsi per
la notte, ma arrivato all'apice dell'inconsapevole spogliarello, la
serva della gentildonna spalancò improvvisamente le ante della
finestra, cosa che fece precipitare Quick in acqua.
Baracus scoppiò in una fragorosa
risata “AHAHAHAH! Sei un povero idiota!”
“Grazie” rispose Quick alzando un
sopracciglio. Nella stanza irruppe lo scimpanzé con la bandana rossa
“Capitano, nave in vista!”
“Chimpa, porta l'umano in cambusa, io
vado sul ponte” disse LeGrand..
“Chimpa?!” esordì stupito Quick
istintivamente.
“E' il mio nome! Cosa c'è?”
“Niente...”
Uscendo dalla porta Quick vide che una
tempesta si stava avvicinando a forte velocità.
Quick fu portato lungo una buia e
stretta scala di legno, illuminata qua e là da lanterne a olio.
Sopra di sé poteva sentire un gran trambusto di zampe e grida.
Passarono prima per uno stretto corridoio intervallato alle pareti da
anguste e buie stanzette, dove in continuazione scimmie di tutti i
tipi cercavano di raggiungere il ponte della nave passando sotto le
gambe di Quick e saltandogli in testa. L'odore di sudore, tabacco e
zuppa gli fece capire che stavano passando lungo gli alloggi. Poi un
forte odore di polvere da sparo bruciò le narici di Quick. Nel
corridoio più largo che stavano percorrendo erano schierati dei
cannoni puntati verso l'esterno dello scafo. Decine di scimmie si
affannavano a caricare le bocche di fuoco o a posizionarle nel modo
giusto. Una scimmia dal pelo grigio con dei grossi ciuffi bianchi ai
lati delle guance si parò davanti a Quick. Era evidentemente in là
con l'età, parte della sua faccia portava delle cicatrici di vecchie
ustioni e indossava una giacca rossa lunga fino alle ginocchia, con
un rigido colletto e finiture finto dorate. “Tu! Scimmia glabra!
Portami subito delle palle di cannone!” Quick si immobilizzò
interdetto.
“Uh! Ahahahah! Con un po' di pelo
anche lui è una scimmia! Ahahahah!”
Quick sorrise, ma fu immediatamente
preso per un polso dal suo carceriere e trascinato oltre.
Varcata una porta arrivarono in
cambusa. Era piena di ogni genere alimentare, stoffe accatastate,
liquori, bauli chiusi da grossi lucchetti e casse. In fondo alla
stanza una grande porta di legno, chiusa da un pesante lucchetto a
forma di teschio. Dei lumini affiancavano la porta; tabacco, frutta e
una bottiglia erano posati davanti ad essa. Quick la fissò. “Stai
lontano da quella porta” ordinò Chimpa, “Non toccare niente,
siediti in quell'angolo e stai fermo immobile fino a che qualcuno non
ti viene a prendere.” Poi usci dalla sala.
La tempesta era arrivata, la nave
cominciò a rollare; forti tuoni furono presto accompagnati dal
cannoneggiare dell'artiglieria. Quick era rannicchiato nell'angolo e
pregava Dio, Nettuno o qualsiasi entità sovrannaturale potesse
salvarlo da quella situazione. Un'altra salva di cannoni fu sparata,
questa volta a distanza ravvicinata. Poteva vedere lo scafo della
nave avversaria da un piccolo oblò della cambusa. Tuoni e fulmini
aumentarono d'intensità, la pioggia scrosciava forte come l'acqua
sotto una cascata.
“All'arrembaggioooooo!” Decine di
sagome nere sfrecciarono nell'aria verso l'altra nave, agili come
spettri. Urla disumane saturarono l'aria, urla di disperazione fecero
vacillare Quick, urla di sangue lo assordarono. Figlie del Demonio
e della Tempesta!
Quick, bianco come un lenzuolo, si
ritrasse e si rifugiò dentro un barile vuoto aspettando che tutto
fosse finito.
Chimpa entrò in cambusa. Quick tirò
su la testa dal barile. Due bottiglie facevano bella mostra tra le
mani della scimmia. Sorridendo Chimpa disse “Whisky ragazzo!”
FINE SECONDO EPISODIO
FINE SECONDO EPISODIO

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